Roma 26 Giugno (Romano Milani) – Nel 1949, sui resti di facciate di palazzi scampate ai bombardamenti, apparvero i giganteschi manifesti di un film, “Via col vento”, che arrivava in Italia a 10 anni dalla “prima” negli Stati Uniti e avrebbe fatto epoca insieme ai suoi protagonisti: Clark Gable e Vivien Leigh.
Quel “cartellone” portava la firma di un giovanotto fiorentino di 26 anni, con alle spalle solidi studi d’arte ma folgorato da un ”mestiere”, la “cartellonistica” appunto, al quale ha dato il suo estro inesauribile, la sua mano infallibile e il suo intuito spettacolare che avrebbero riempito le sale cinematografiche.
A lui è dedicata una mostra, colossale: “Sogni e miti: il cinema di Hollywood nel pennello di Nano Campeggi”.
E già di fronte all’ingresso si concretizzano il sogno e il mito: il cartellone originale – 3 metri per 2 di carta che venivano incollati dagli “attacchini” con un miscuglio acquoso contenuto in scalcinati secchi di latta su giganteschi telai nei punti più frequentati delle città – che “lanciava” Elizabeth Taylor e Montgomery Clift ne
“L’albero della vita”.
Non ci si è ancora ripresi dall’emozione (soprattutto di chi li ha visti dal vero e anche quando li incollavano) che, girando lo sguardo, coglie di sorpresa un inatteso interrogativo in bella mostra, in nero su fondo bianco: “Maestro, mi devo spogliare?” Lo circondano una ventina di delicati ritratti di una irresistibile figurina femminile
pudica e maliziosa, vestita e nuda e perfino con la fatidica mela: Marilyn Monroe. E non finisce qui: Nano (il nomignolo di Silvano fin da bambino) ritrae il proprio volto direttamente negli occhi di lei!
Dell’incontro con Marylin, Campeggi fa un racconto inaspettato: “Era il 1957, l’avevo disegnata per “Il principe e la ballerina”. La Warner mi invitò a conoscerla di persona. Non avevo mai viaggiato in aereo e in prima classe: rimasi impressionato dal fatto che lo champagne non ondeggiasse nella coppa. Nello studio di Hollywood
la Monroe, ritardataria cronica, non arrivava mai. Ad un tratto la visione”.
Michele Amici, Presidente del Centro Antinoo per l’arte Marguerite Yourcenar, organizzatore della Mostra, con l’aiuto prezioso della signora Elena vedova di Nano (nel catalogo c’è un toccante ricordo di lui) che gli ha permesso perfino di guardare nei cassetti della scrivania del marito, azzarda, ma non troppo, un bilancio: a lui si devono almeno 3000 opere per tutte le grandi Case di produzione americane. Dal già citato “Via col vento”, a “Casablanca”, “Cantando sotto la pioggia”, “Un americano a Parigi”, “La gatta sul tetto che scotta”, “West Side Story”, “Colazione da Tiffany”,
“Ben Hur” così, tanto per dare un’idea… E a fare un conto più preciso è Laura Delli Colli che, custode di ogni dettaglio che riguarda il cinema, aggiunge: “Ai tempi d’oro del cinema di ieri, Nano sfornava con le sue invenzioni oltre 150 manifesti l’anno, praticamente tutti i giorni, che venivano spalmati sui muri delle città e nelle vetrine dei cinema in oltre 10.000 copie che arrivavano a 25.000 per i kolossal”.
Manifesti giganteschi ai quali si accompagnavano la locandina, i flani e la mitica “fotobusta” con cui Irene Cellamare si “imbatté” laureandosi con una tesi magistrale in Storia dell’Arte contemporanea. Conteneva il materiale pubblicitario che oggi potremmo identificare con il trailer… senza il movimento, ovviamente. Ma ricorda anche quello che Nano le raccontò in una lunga intervista sul suo metodo di lavoro. Solitamente creava tre bozzetti. Uno era l’abbozzo del manifesto come sarebbe piaciuto a lui; uno come pensava sarebbe piaciuto al direttore e uno come sarebbe piaciuto al portiere della Casa di produzione. Ma l’ago della bilancia era, sovente, il
gusto del portiere che Nano pensava rappresentasse la preferenza della maggior parte della popolazione e fosse quindi quello di maggior richiamo per il pubblico.
E Franco Mariotti, inquadra (è proprio il caso di dirlo) l’effetto che ebbero “i colori dopo una lunga stagione in bianco e nero. Ed ecco che quei manifesti, che oggi colorano la memoria di una stagione d’oro sono ancora qui, testimoni di un tempo eroico che nel cinema italiano ha trasformato gli artigiani in artisti”.
Ma Silvano Campeggi non è solo cinema. Ce lo ricordano Laura Monachesi con la sua partecipazione al progetto “Vissi d’arte… l’opera” dedicato a Giacomo Puccini e alle protagoniste delle sue opere e perfino un Generale e Aviatore Italiano, Leonardo Tricarico. “Non so – dice – quante occasioni abbia avuto, prima di incontrarci, di
raccontare il volo attraverso i suoi magici tocchi di gessetto o di pennello, ma i suoi dipinti delle Frecce Tricolori valgono i milioni di scatti riservati alle loro evoluzioni”. Quello di cui abbiamo parlato non è che la minima parte di quanto si può ammirare in uno spazio sulla cui destinazione originale il nome non lascia dubbi: La Vaccheria, un immenso locale rettangolare che si immagina potesse ricoverare, presumibilmente, svariate centinaia di mucche. E‘ stato riconvertito in uno splendido polo culturale dal IX Municipio Roma EUR presieduto da Titti Di Salvo, presente all’inaugurazione, che ha così siglato questa, le iniziative che verranno e quelle che sono state:
“L’offerta ha incrociato la domanda di cultura, di bellezza e di qualità. Prossima, diffusa e – ha sottolineato – accessibile gratuitamente”.
La mostra “Sogni e miti: il cinema di Hollywood nel pennello di Nano Campeggi”, circa 300 pezzi, ideata da Michele Amici e Laura Monachesi e allestita da Chiara e Massimo Domenicucci, resterà aperta fino al 21 luglio. Silvano Campeggi era nato il 23 gennaio 1923 a Firenze dove è morto il 29 agosto 2018.