Roma, 11 giugno- “Oggi sono molte le donne che vanno a vedere i film horror. Perché piace l’horror? Perché lì puoi esorcizzare le tue paure e il tuo disgusto per tutti gli orrori di gran lunga peggiori che sono reali nel mondo che ci circonda”. Così il regista Premio Oscar Danny Boyle alla presentazione del suo ultimo film: 28 Anni Dopo, dal 18 giugno al cinema distribuito da Eagle Pictures.
Una nuova terrificante storia ambientata nel mondo di 28 Giorni Dopo (il film diretto dallo stesso Boyle nel 2002) e girato ventitré anni dopo il famosissimo cult. Sono passati quasi tre decenni da quando il virus della rabbia è fuoriuscito da un laboratorio di armi biologiche e ora, ancora in una quarantena forzata e brutale, alcuni sono riusciti a sopravvivere in mezzo agli infetti. Un gruppo di sopravvissuti vive su una piccola isola collegata alla terraferma da un’unica strada rialzata ed estremamente protetta. Quando uno di questi lascia l’isola per una missione diretta nel profondo della terraferma, scoprirà segreti, meraviglie e orrori che hanno mutato non solo gli infetti ma anche gli altri sopravvissuti.
“Vogliamo realizzare una trilogia anche se ciascun film è autonomo e indipendente- spiega Boyle-. Stiamo già lavorando per la realizzazione del terzo. Questo è un sequel rispetto a quello originale, ovvero 28 Giorni Dopo, e volevamo che fosse basato sulla famiglia. Un film entusiasmante e avvincente che parlasse della famiglia e di come queste si frantumano e di come il protagonista, grazie all’amore della propria madre, prende una strada diversa da quella del padre. E poi volevamo inserire la Brexit e i Teletubbies. Volevamo che fosse sorprendente. Il film originale ha continuato a essere molto popolare e visto anche se era disponibile in dvd, ma si sono continuate ad organizzare delle proiezioni. Lo sceneggiatore Alex Garland poi ha scritto una storia più ampia di quella che avevamo immaginato”.
Il film, prodotto da Sony Pictures, vede protagonisti Jodie Corner, Aaron Taylor, Johnson, Jack O’Connell, Alfie Williams e Ralph Fiennes.
E poi sulla pandemia: “La sequenza iniziale mostra una Londra deserta e vuota, qualcosa che con il covid è stata molto presente comune a tante città. Con il tempo noi ci siamo adattati al Covid e abbiamo cominciato a correre qualche rischio, a cercare di uscire, a metterci in gruppo. Anche il virus si è adattato è mutato si è evoluto e ha cercato di sopravvivere. Il Covid ha dunque avuto una forte influenza sulla mia scrittura”.
E sulla rabbia (così si chiama il virus nel film) : “All’inizio pensavamo alla rabbia come quella che si scatena alla guida. Poi ci siamo resi conto che è l’impostazione di default della nostra società. Sono tante le teorie al riguardo, ma credo che la colpa sia quella della tecnologia che ci fa credere di essere importantissimi e poi ci rendiamo conto di non esserlo. Alla fine comunque tutti andremo a finire nello stesso tempo”.
Mentre sulla resistenza: “Oggi mancano i leader della resistenza, parlo per il mio paese, mancano figure che sono fonte di ispirazione e che abbiano l’energia e la capacità per condurci. A un certo momento si è pensato che potesse farlo la tecnologia o l’IA, ma è molto complicato. L’IA offre tante possibilità di business, ma a discapito di quelle che sono le proprie informaioni personali. Ci manca un luogo di cui fidarsi. Io credo nella Bbc, un luogo che fornisce informazioni, ma che non è di proprietà di nessuno. Non ci sono azionisti della Bbc, è l’unico posto in cui vengono controllate le immagini. Quelli di destra la disprezzano perché troppo liberale, ma offre informazioni senza pregiudizi. È un luogo dove è fermo il controllo sull’autenticità delle notizie questo è per me la resistenza”.
E sulla tecnologia usata nel film: “Abbiamo utilizzato tanti i-phone e droni volevamo realizzare qualcosa di nuovo e diverso. Il primo era stato realizzato in digitale, ma nel frattempo la tecnologia si è evoluta e siamo ricorsi a nuovi strumenti e nuovi tecnologie e questo ha rappresentato per la troupe una sfida molto importante. Un metodo diverso di riprese con cui li abbiamo destabilizzati perché la tendenza è quella di resistere al cambiamento”. Boyle ricorda il muro di memorial nei confronti delle persone morte per Covid: “A Londra di fronte al parlamento c’è un muro di memorial di fronte al Thomas Hospital fatto dalle persone comuni, un muro di cemento armato coperto di bigliettini rosa un modo per ricordarci che siamo tutti connessi esattamente come il memorial del film. Sono nemico del cinismo, io sono un ottimista per natura anche se faccio film molto dark. E sono fortunato perché sono molto curioso, la curiosità è una continua ricerca e porsi domande”. Infine avverte: “I veri mostri li scoprirete nel prossimo film”.