Roma, 6 aprile (di Giulia Lucchini)- “Vogliamo che ci sia ancora un domani”. Questo lo slogan (il copyright andrebbe al film della Cortellesi campione di incassi) che ha unito tutta l’industria cinematografica e audiovisiva indipendente. Ben 21 sigle. Il punto di incontro? Quello fisico: il Cinema Adriano di Roma, più di tre sale gremite. Quello ideale: chiedere un incontro formale al Ministro Gennaro Sangiuliano, al Sottosegretario Lucia Borgonzoni e al Direttore Generale Nicola Borrelli per attuare le necessarie riforme in tempi rapidi in attesa dei decreti attuativi della Legge Cinema (a partire dal decreto di riparto che dovrebbe chiarire le risorse messe a disposizione per il settore nel 2024) e per considerare le proposte del settore. Un settore che sta vivendo una situazione di emergenza. Tra le tante difficoltà: molte produzioni italiane sono state sospese o rinviate, teatri di posa vuoti e diversi lavoratori costretti a ricorrere alla indennità di disoccupazione (NASPI).
I numeri? Tantissimi i presenti, oltre 1500 le persone, più molti altri collegati in streaming. E tanti soprattutto i numeri della filiera cinematografica e audiovisiva: 9000 imprese, oltre 65mila persone direttamente occupate e 114mila nelle filiere connesse, un fatturato generato di 13miliardi di euro. Qualche altro dato significativo: la quota Italia del box office 2023 è stata del 24%, seconda in Europa solo a quella della Francia e per ogni euro investito nel settore se ne creano 3,54 in tutta l’economia italiana. Alcuni argomenti: il tax credit come importante strumento di investimento; broadcaster e piattaforme che non possono distribuire attraverso le loro filiali tutti i propri prodotti, la TUSMA, il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, che “le spese di distribuzione non entrino nel computo delle quote d’investimento” e che “Rai Cinema renda pubblici gli investimenti sui singoli film e singoli diritti”;e la richiesta di dare un domani ai cartoni animati e ai documentari made in Italy. Sul tavolo anche le richieste degli attori e delle attrici che non guadagnano abbastanza per sopravvivere dignitosamente, e il tema della parità di genere.
Molti gli interventi che hanno animato nel corso della mattinata il dibattito. Tra questi segnaliamo quello “molto moroteo”- e non per lunghezza, visto che Aldo Moro parlava anche per cinque ore consecutive, ma per la bellezza del messaggio- del regista Marco Bellocchio: “Vorrei sottolineare la diseguaglianza tra categorie in condizioni assai diverse. E anche all’interno delle stesse. C’è chi è più ricco e chi è più povero. Ascoltando tutti gli interventi ho l’impressione che tutti abbiano ragione e abbiano detto cose sensate: produttori, attori, scenografi, costumisti, assistenti e aiuti. Forse per queste diseguaglianze così ramificate in categorie diverse non è mai stato possibile nella storia del cinema e dell’audiovisivo italiano lottare tutti insieme. Non ricordo nella mia lunga esperienza uno sciopero tutti uniti. Come mai? Eppure il cinema, più della televisione, è sempre stato di sinistra. Nelle nostre assemblee riecheggiano parole di sinistra e anche di estrema sinistra. Il mio messaggio oggi è molto moroteo. Diversamente da Moro sarò brevissimo. Come disse Moro nel suo ultimo discorso all’assemblea nazionale: restiamo uniti. Qui in sala c’è Fabrizio Gifuni e potrebbe recitarlo. Forse lo siamo già uniti. Ricordo Antonio Gramsci che volle intitolare il quotidiano l’Unità. Non dobbiamo nascondere le diseguaglianze, fare finta che non ci siano, perché saremmo ipocriti. Dobbiamo sforzarci oggi di darci una mano e trovare l’unità. Siamo in un momento di totale emergenza. Penso alle guerre, al numero di vittime, alle migrazioni inarrestabili, all’emergenza del clima. In questo momento pre-catastrofico per l’umanità dobbiamo cercare di ridurre la nostra rabbia per le ingiustizie subite ogni giorno e confrontarci tutti uniti con la politica che legittimamente comanda e che oggi ha il potere di decidere. Dire ma tu sei un privilegiato o tu non hai figli o tu sei candidato ai David è una posizione perdente. Se c’è questa unità siamo fortissimi. Ho concluso, se ho parlato a vanvera scusatemi approfitto per ricordare Franco Basaglia e la legge 180 che mi difende da un ricovero coatto”. Applausi. Tantissimi.