HomeARTICOLISergio Castellitto, il CSC e la 'Diaspora degli artisti in guerra'

Sergio Castellitto, il CSC e la ‘Diaspora degli artisti in guerra’

Roma, 11 giugno- “Ho preso servizio in questo luogo nella seconda metà di ottobre. La guerra in Ucraina era entrata in una strana zona d’ombra, poi ci sono stati gli attentati del 7 ottobre in Israele. A quel punto mi è sembrato naturale da parte del Centro Sperimentale di Cinematografia parlare e aprire una finestra di dialogo su quello che stava accadendo”. A parlare è Sergio Castellitto, presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia, che ha deciso di aprire le porte dello stesso CSC dal 19 al 21 giugno dando il via all’iniziativa “Diaspora degli artisti in guerra” tra incontri, masterclass, proiezioni, una mostra fotografica e la realizzazione di un film testimonianza realizzato dagli allievi coadiuvati dai docenti.

Il tema dell’evento, finanziato dai fondi PNNR, è la guerra, o meglio la diaspora. “Pensavo di invitare un cineasta palestinese e uno israeliano. Poi ho pensato che avrebbero discusso. La parola Diaspora significa “dispersione” e “disseminazione”, ed è patita spesso da tutti coloro che si trovano in paesi in guerra: ma in realtà ogni artista vero almeno una volta nella vita si è sentito abbandonato e isolato anche nel proprio paese. La parola diaspora ha origine greca, significa dispersione. Disseminare un popolo, sradicare un individuo, un’anima. Allontanare dalla propria terra, dal proprio sangue originario. Molti popoli hanno subìto un affronto simile. Che è sempre una lacerazione. La parola drammatica diaspora però contiene anche un significato di pace e riaccende la possibilità della ricostruzione in un altro luogo, di trasferimento di memoria e di ricordi in altri luoghi”, prosegue Castellitto in dialogo con lo scrittore Premio Strega Edoardo Albinati.

Il cinema dunque è fondamentale per il suo valore di testimonianza. E tanti saranno gli interventi. Da quelli del primo giorno, il 19 giugno, dedicato alla “Diaspora dei cineasti”, nel quale ci saranno: Khali Joreige, Maryna Er Gorbach eMehmet Er, Saeed Al Batal, Michel Khleifi, Mahamat-Saleh Haroun, Hala Alabdalla, il Cardinale Gianfranco Ravasi e David Grossman. Al 20 giugno, giorno in cui il fil rouge sarà “Lo sguardo del cinema italiano sulle guerre” grazie alle testimonianze di Elda Ferri, Costanza Quatriglio, Francesca Mannocchi, Giacomo Abbruzzese, Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, Stefano Savona, Jean Mallet, Giulia Tagliavia, Rami Elhanan e Bassam Aramin. Infine 21 giugno metterà in scena un vero e proprio percorso “Nei paesi di guerra”: a raccontarlo saranno presenti Aleksandr Sokurov, Hagai Levi, Mohamed Kordofani, Sahraa Karimi, Ali Asgari, Yervant Gianikian e Lucrezia Lerro, Dieudo Hamadi, Dieudo Hamadi e Jasmila Zbanic. Un’impresa donchisciottesca portare in sala questo cinema meno commerciale? “Il futuro di questo tipo di cinema sarà lungo perché purtroppo continueranno ad esserci le guerre. Noi abbiamo anche il compito di tenere alto il morale delle truppe. Bisogna strappare il pubblico dai divani e riportarlo nelle sale”.

“Questi film di cineasti libanesi, ucraini, israeliani parlano della guerra, ma io vorrei chiedergli: non vi andrebbe di fare un film su una storia d’amore? Questa è la provocazione affettuosa che vorrei fare e inviterei chi modererà gli incontri a fare”, dice Sergio Castellitto. E poi: “Tutti sappiamo che la guerra è ingiusta eppure ha un fascino. Un quadro come Guernica di Picasso non ha fermato le guerre. Ma gli artisti compiono il gesto aldilà del risultato e il nostro compito è darne testimonianza, non stabilire chi ha torto o chi ha ragione”.
E Albinati dice: “Mi ha colpito che cercando il termine pace nel dizionario ho trovato la sua definizione solo nell’accezione negativa del termine ovvero come l’interruzione di una guerra perenne”.
Tutti i cittadini, e in particolare gli operatori del settore cinema, sono invitati a partecipare inviando una mail al seguente indirizzo: invito@fondazionecsc.it.

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