Roma, 27 Maggio – (Romano Milani) – Ha appena 16 anni ed è nata a Rio de Janeiro quando suo padre era Ambasciatore polacco in Brasile. Quando, invece, sia arrivata a Roma non si sa, si sa, però, che si è già diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia e ha debuttato con il regista francese Marcel L’Herbier in “Ecco la
felicità” destando l’attenzione di Vittorio De Sica che la sceglie per il ruolo della “privatista” nel suo film “Maddalena… zero in condotta”. E’ il 1940. Lei si chiama Irasema Warschalowska, ma assumerà il nome della
scolaretta che impersonava nel film, Eva Dilian, per poi riprendere il proprio nome di battesimo ed entrare nella storia del cinema come Irasema Dilian. Un debutto che non sfuggì all’attenzione di due tra i più autorevoli critici
cinematografici, non solo dell’epoca: Mario Gromo, che con Eva ci prese in pieno (“appaiono in due deliziose particine di scorcio due esordienti: Eva Dilian e Paola Veneroni.
Segnamone i nomi: è probabile e non sarà spiacevole, che le si debba presto ritrovare) e Francesco Pasinetti (Eva Dilian è la gustosa privatista). E a non farsela sfuggire fu lo stesso De Sica che nel 1941 la volle in “Teresa
Venerdì” in cui replica un po’ il personaggio impersonato in “Maddalena…” ma preannuncia, comunque, il ruolo che la farà “protagonista”: Maria in “Ore 9 lezione di chimica” di Mario Mattoli. Dopo lo “strillo” per Alida Valli, il primo nome in cartellone è infatti il suo davanti ad Andrea Checchi, Giuditta Rissone e Carlo
Campanini che già vantavano curriculum di tutto rispetto.
Ma, a parte il guadagno di posizione, quel che più contò per Irasema fu il successo di pubblico: “Soprattutto – si legge in una nota dell’epoca – ha fatto breccia nel cuore degli spettatori maschi adolescenti come la ragazza sensibile e sincera che tutti sognavano di sposare”.
Il film entrò nella selezione italiana alla Mostra del cinema di Venezia 1941. Fu proiettato nella serata del 5 settembre, ottenendo «ripetuti applausi sia al regista che ad Alida Valli, presenti allo spettacolo». Ma se la protagonista ebbe poi a scontare dalla critica alcune riserve sulla sua interpretazione, ad ottenere lodi generali fu
Irasema Dilian, (che però usava ancora il nome Eva). «Sopra tutto – scrisse il Corriere della Sera – sta la Maria della Dilian, che dà vita ad un personaggio patetico mettendoci una sensibilità, una semplicità ed una dolcezza
che ne fanno la vera rivelazione del film». E Adolfo Franci, che su “L’Illustrazione italiana” definiva i personaggi del film «cincischiati e falsi», le riconobbe «un’esile leggiadria che qui irradia una dolcissima luce di immacolato candore».
I giurati veneziani, invece, “Ore 9 lezione di chimica” non lo presero nemmeno in considerazione, in un’edizione che le cronache definirono “generosa di premi, coppe e targhe”. E vi fu anche chi, considerato il momento storico, la seconda guerra mondiale, criticò pesantemente il tono allegro e spensierato del film. La stroncatura più dura fu di Massimo Bontempelli sul settimanale “Film”, al punto che il produttore Manenti ardì chiedere al Ministro della cultura popolare Pavolini di bloccare l’uscita del giornale. Per scongiurare il pericolo, il direttore Mino Doletti
non esitò a revocare l’incarico a Bontempelli nominando un sostituto che firmò come ‘Vice’ le successive critiche dalla Mostra veneziana.
Come spesso accade, su “Ore 9 lezione di chimica” il pubblico fu di parere assolutamente contrario. Grazie ai moderni mezzi di informazione scoviamo i risultati del box-office che tanto piacciono oggi. Con 15-20 giorni di ‘tenitura’ nelle prime visioni di Roma e Milano, il film incassò oltre 11 milioni di lire (un operaio guadagnava intorno alle 1000 lire al mese, il sogno espresso nella canzonetta appena 3 anni prima) subito dopo kolossal come “I promessi sposi” di Camerini, “Bengasi” di Genina e “La cena delle beffe” di Blasetti.
A far passare Irasema Dilian dai ruoli teneri e impertinenti, è stato Mario Soldati affidandole l’impegnativa figura di Edith Steinegge nel clima tenebroso e romantico di “Malombra”, tratto dal primo romanzo di Fogazzaro, che le valse ancora una volta un superlativo sul Corriere della sera: “eccellente”. Siamo nel 1942, la guerra si
inasprisce, l’alleato hitleriano si fa sentire, ma dobbiamo immaginare che Irasema non lo veda di buon occhio. Le cronache del tempo riferiscono infatti che lei chiese ed ottenne di cambiare la nazionalità del suo personaggio da tedesca in polacca.
Un’anticipazione, probabilmente, della sua insofferenza alla dittatura nazifascista risoltasi, dopo nove film in tre anni, con il trasferimento in Spagna durante la Repubblica Sociale Italiana. Sugli schermi italiani tornerà tra il 1946 e il 1948 con “Aquila nera” di Riccardo Freda, “La figlia del Capitano” di Mario Camerini e “Il corriere del re” di Gennaro Righelli. Non ha nemmeno 25 anni.
Nel 1950 sposa Arduino Maiuri, futuro sceneggiatore e vincitore nel 1969 del Nastro d’Argento per “Banditi a Milano” e con lui va in Messico chiamata da Alfredo Bolongaro Crevenna (un prolifico cineasta di origine tedesca con circa 200 film tra regie e sceneggiature) ad interpretare “Muchachas de uniforme” presentato in concorso alla 1ª edizione del Festival di Berlino. Un successone che li farà restare diversi anni nel Paese sudamericano dove lei interpreterà una ventina di film e contribuirà con altre attrici – come riferiscono le cronache – a creare quella che viene
definita l’epoca d’oro del cinema messicano.
Inaspettatamente e inspiegabilmente, nei primi anni sessanta torna in Italia, abbandona il cinema e si ritira a Ceprano, provincia di Frosinone, da cui è originaria la famiglia del marito che perde nel 1984. Le rimangono i figli, una femmina e un maschio.
Irasema Warschalowska è nata a Rio de Janeiro il 27 maggio 1924. Irasema Dilian è morta a Ceprano il 16 aprile 1996.