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Simone Godano e i suoi ‘Sei fratelli’ al cinema

Roma, 22 aprile- Tanti problemi, molti dissapori in questa famiglia, allargata e numerosa e fondamentalmente composta da persone sole. Sono Sei fratelli, come da titolo, che non si vedono da anni, hanno madri diverse e solo alcuni sono figli biologici dello stesso padre. Fatto sta che si ritrovano insieme a seguito della morte del padre Manfredi Alicante, interpretato da Gioele Dix, un uomo molto carismatico che li ha lasciati con una pesante eredità da dividere. Un’eredità sostanziosa non tanto dal punto di vista economico (anche se i debiti dell’allevamento di ostriche trasformato in fabbrica di perle sono piuttosto ingenti) quanto dal punto di vista relazionale. Tutta colpa del padre? Lo vedremo.

Diretto da Simone Godano, al suo quarto film dopo Moglie e marito (2017), film che ottiene la candidatura ai Nastri d’argento come miglior commedia e viene distribuito all’estero in più di venti paesi, Croce e delizia (2029) e Marilyn ha gli occhi neri (2021), scritto a quattro mani con Luca Infascelli, prodotto da Groenlandia e Rai Cinema, il film uscirà nelle sale il primo maggio distribuito da 01 distribution e vede protagonisti: Riccardo Scamarcio, Adriano Giannini, Gabriel Montesi, Valentina Bellè, Claire Romain e Mati Galey, nei panni di questi sei fratelli e anche Lidia Caridi. Ambientato a Bordeaux, anche se il regista confessa di aver girato per il 90% all’Olgiata vicino Roma e solo cinque giorni in Francia per fare gli esterni, questo film, un po’ mucciniano, come sottolinea una giornalista in conferenza stampa, riflette dunque sul concetto di famiglia.

“Mi auguro di essere un pochino differente da Gabriele Muccino, che sicuramente è un maestro nel fare quel genere di film- dice il regista Simone Godano-. Qui ci sono tanti piccoli conflitti. In questo momento servono storie forti nelle quali ci si possa riconoscere. Tutti nella famiglia abbiamo un ruolo prestabilito e abbiamo paura a levarci e a levare gli altri da quel posto. Questi personaggi un po’ riescono a spostarsi e a dire qualcosa l’uno all’altro. Fondamentalmente sono delle persone non realizzate e sole. Mi sono voluto addentrare nella loro umanità, nelle loro turbe e nelle loro manie”.

Tutto è iniziato da una chiacchierata con un amico qualche anno fa. “Lui doveva dare un’importante notizia alla sorella ma non la riusciva a rintracciare perchè non aveva i suoi contatti, non sapeva dove vivesse, non aveva sue notizie da anni. Era figlia dello stesso padre ma di madre diversa, come altri suoi fratelli. Bizzarro pensai, io che ho un solo fratello e i miei genitori stanno insieme da 53 anni. Con il passare del tempo mi sono reso conto di quante famiglie “allargate” ci siano ai giorni nostri, di quanti fratelli che parlano de “il fratello di mio fratello” o “la madre di mio fratello”.

Queste famiglie penso abbiano una sola caratteristica comune: ognuna è diversa dalle altre. Sono famiglie spesso numerose dove esistono accese rivalità, gelosie, conflitti sopiti, rapporti che vivono di momenti di grande amore alternati a lunghissimi silenzi, risentimenti che neanche il tempo riesce a ricucire. Ecco noi raccontiamo
questo tipo di famiglia, la famiglia Alicante, in cui ognuno potrà trovare qualcosa della propria esperienza di vita sia personale sia delle persone che gli stanno più vicino”. Infine conclude: “Volevo che il film avesse un andamento discontinuo, un po’ come questi fratelli in conflitto e che avesse una luce atipica, nord europea, morbida (per questo abbiamo deciso di ambientarlo a Bordeaux e ho scelto un direttore della fotografia francese, Guillaume Deffontaines) una luce che fosse un po’ lo specchio dello stato d’animo dei protagonisti che si muovono in un registro che passa dalla commedia al dramma per tutta la durata della storia. Jump cut alternato a lunghe scene con una sola inquadratura, macchina a spalla, riprese da angolazioni sempre diverse, massima libertà agli attori di muoversi nello spazio anche in maniera diversa tra un ciak e l’altro, macchina da presa non necessariamente su chi parla, ma che segue la scena. Questo mi ha permesso di andare alla ricerca, o meglio “a caccia” di un’emotività non scritta, di libertà, di sorrisi naturali e di sentimenti che penso siano alla base di questo film. Insomma alla ricerca di una recitazione naturale, sincera, evitando tutti di scivolare su una meccanicità che volevo assolutamente evitare”.

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