HomeARTICOLIMichele Riondino e la sua 'Palazzina LAF'

Michele Riondino e la sua ‘Palazzina LAF’

Roma, 6 dicembre- La Palazzina LAF alla fine degli anni ’90 era il luogo simbolo, all’interno del grande complesso dell’Ilva di Taranto, in cui venivano confinati i dipendenti considerati “scomodi”. Oggi la storia di quei dipendenti diventa un film dal titolo “Palazzina LAF”.
Presentata in anteprima alla scorsa Festa del cinema di Roma e ora al cinema con Bim, l’opera prima di Michele Riondino racconta l’Ilva non legandola semplicemente alla questione tarantina, ma alla questione industriale in Italia. “Ho raccolto materiale su questa storia- racconta il regista-. La Repubblica italiana è fondata sul lavoro, allora quando è arrivata l’Ilva si è istaurato un regime che ha falciato qualsiasi diritto dell’uomo e ha instaurato una tirannia vera e propria dove ad essere promosso non era chi meritava la promozione, ma chi era più spregiudicato nell’accattivarsi le simpatie del superiore”. Non è comunque un film sull’inquinamento e sulla malattia.

“Sarebbe stato fin troppo semplice- dice-. In un certo senso era quello che vi aspettavate. E che avevate già visto e letto. Questa invece è una storia che serve per capire la condizione dei lavoratori e che parla di noi. Noi che, come lavoratori, abbiamo perso anche alcune tutele come l’articolo 18”. “Per raccontare un reparto lager ho studiato tutte le carte processuali, ho intervistato ex confinati, e diretti interessati, chi ha indagato e chi ha portato avanti il processo- prosegue-. Anche i reportage del compianto Alessandro Leogrande. Qui raccontiamo due tipologie di lavoratori, uno che difende le proprie competenze per un posto semplice da operaio e poi c’è chi per un’arrampicata sociale è disposto a tradire sé stesso e la propria coscienza pur di ricoprire un ruolo senza avere le competenze per farlo”.

Nel cast, a parte lo stesso Michele Riondino nei panni di Caterino Lamanna, anche Elio Germano, Vanessa Scalera, Domenico Fortunato, Gianni D’Addario, Michele Sinisi, Fulvio Pepe, Marina Limosani, Eva Cela, Anna Ferruzzo e Paolo Pierobon.

“Sono un po’ la nota stonata all’interno della Palazzina, interpreto Anna che è la compagna di Caterino, interpretato da Michele Riondino”, dice Eva Cela. E Marina Limosani: “Io vivo entrambe le parti della barricata. All’inizio sono dalla parte dei forti, perché sono la segretaria del capo dell’ufficio del personale, ma a un certo punto mi ritroverò dall’altra parte. È stato interessante affrontare questo ruolo perché ha il carico e il peso di una storia vera e sofferta, ma anche per la sua consapevolezza. Questo è un film che parla di persone schiacciate da una macchina più grande e di come si cerca di combattere e venire fuori da un destino che si può riscrivere e questo è quel che tenta di fare Rosalba”.

Tanti i riferimenti. “Ci sono film di impegno civile. Germi, Rosi tutti film che mi hanno formato sia artisticamente che politicamente. Prima si faceva a gara per firmare la sceneggiatura più scomoda. Non avevano timore di schierarsi. Oggi invece siamo in un periodo storico dove si fugge l’assunzione di responsabilità. E poi c’è la classe operaia, Monicelli e Fantozzi. Io non volevo fare un film drammatico perché la storia è già drammatica di suo. Le storie che mi raccontavano erano talmente incredibili. Per rendere credibile l’incredibile ho pensato come Fantozzi perché avevo bisogno di personaggi che fossero delle maschere. Ho cercato attori con una grande esperienza teatrale, molte scene sono state provate all’interno della palazzina”.

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