Roma, 14 Ottobre (Romano Milani) – “Scoiattolo della penna” lo definì il poeta Cesare Pavese dopo aver letto Il sentiero dei nidi di ragno, romanzo di esordio dell’appena 24nne Italo Calvino. Nato a Cuba (Santiago de Las Vegas de La Habana) il 15 ottobre 1923, ha sempre considerato “complicato” questo dato anagrafico, tanto da sostituirlo, nelle note bio-bibliografiche, con quello da lui ritenuto più vero: nato a Sanremo dove il padre era responsabile della Stazione sperimentale di floricoltura. Però, a Cuba, ci tornò nel 1964 e vi prese anche moglie.
Ancor meno gli piaceva il nome di battesimo: “Mia madre – commentò – prevedendo di farmi crescere in terra straniera, volle chiamarmi Italo perché non scordassi la patria degli avi, ma in patria suonava bellicosamente nazionalista. Una sensazione che si può capire riepilogando le date: in Italia la famiglia Calvino rientrò nel 1925, quindi lui, si ritrovò con quel nome vent’anni dopo, comunista e nel pieno della Resistenza. Ma se lo tenne, nonostante a chiamarsi Italo fosse anche il Maresciallo d’Italia Balbo, uno dei Quadriumviri che prepararono la Marcia su Roma, l’avvento
della dittatura fascista e poi l’occupazione tedesca contro cui si batterono le formazioni partigiane. “Garibaldi” si chiamava quella in cui militava Calvino con il nome di battaglia Santiago… la cittadina cubana in cui era nato.
Sorprenderà ricordare che il nostro, ben noto come romanziere, ha lasciato un segno indelebile anche come paroliere, cioè come autore di testi per le canzoni. Non le “canzonette” che già conquistavano l’Italia dal Festival di Sanremo nato nel 1951.
Sei anni dopo, infatti, aderì al collettivo di musicisti, letterati e poeti (con lui c’erano, tra gli altri, oltre i fondatori Sergio Liberovici e Michele L. Straniero, Gianni Rodari e Umberto Eco) che fondò a Torino il gruppo Cantacronache con lo scopo di valorizzare il mondo della canzone attraverso l’impegno sociale. E di Calvino sono i
testi di “Dove vola l’avvoltoio?”, “Oltre il ponte”, “Canzone triste” e “Il padrone del mondo”. Parole e note che hanno fatto scuola precorrendo l’arrivo dei Cantautori. E come poteva il cinema non accorgersi di lui? Ma del cinema lui si era già accorto molto ma molto prima: “Ci sono stati anni – ricorda nel suo “Autobiografia di uno spettatore” – in cui andavo al cinema quasi tutti i giorni e magari due volte al giorno ed erano gli anni tra, diciamo, il Trentasei e la guerra, l’epoca insomma della mia adolescenza. Anni in cui il cinema è stato per me il mondo”.
La prime parole di Calvino ad essere trasformate in immagini, sono del 1958: l’indimenticabile “I soliti ignoti” di Mario Monicelli che Age e Scarpelli trassero dal racconto “Furto in una pasticceria” contenuto in “Ultimo viene il corvo”.
Di quattro anni dopo è l’episodio “L’avventura di un soldato” (sceneggiato, diretto e interpretato da Nino Manfredi) del film “L’amore difficile”. Uno scompartimento di treno. Un’avvenente vedova (la trentenne Fulvia Franco eletta Miss Italia nel 1948) incurante degli altri passeggeri, provoca ed accetta le attenzioni del giovane militare finché, rimasti soli, si offre definitivamente. Alla prima fermata lei si ricompone e scende. Lui la segue, ma ad aspettarla ci sono due persone, Passa un altro treno e sul marciapiede non c’è più nessuno. “Renzo e Luciana” in “Boccaccio70”, esplicita parodia del romanzo manzoniano firmata da Mario Monicelli nel 1962, tratta da “L’avventura di due sposi” e
sceneggiata dallo stesso Calvino, propone il sogno “due cuori e una capanna”, realizzato, ma distrutto da una implacabile realtà: l’orario di lavoro. Lui torna quando lei esce. Di un fantasioso illustratore, Giuseppe Zaccaria, noto con lo pseudonimo di Pino Zac, creatore a vent’anni del Gatto Filippo, un fumetto a “striscia autoconclusiva” pubblicato, in “prima” assoluta, dal quotidiano “Paese sera” dal 1950 al 1958, arriva sullo schermo nel 1969 con tecnica mista (attori e animazione) “Il cavaliere inesistente”. “Una stravagante, originalissima fiaba, ricca di fantasia e di umorismo – lo definì un critico – ai tempi di Carlo Magno e dei Paladini, nella quale l’elemento realistico si fonde perfettamente con le gustose parti animate”.
Seguirà nel 1970 “Marcovaldo ovvero Le stagioni in città” (un film e una serie televisiva) tratto dal volume di racconti di Calvino del 1963 in cui il boom economico di quegli anni unisce aspetti fiabeschi e ironia per affrontare temi e problematiche ancor oggi irrisolte: la vita caotica in città, l’urbanizzazione senza razionalità ed ordine, l’industrializzazione crescente e la povertà delle fasce più basse della popolazione, la difficoltà dei rapporti umani ed interpersonali. La città di Marcovaldo è senza nome, ma probabilmente è ispirata a Torino, una delle protagoniste del “miracolo” degli anni Sessanta. “È uno degli scrittori – ha scritto Lietta Tornabuoni – che, direttamente, meno ha contribuito al cinema italiano: qualche collaborazione a sceneggiature. Ma è forse lo scrittore italiano che più ha anticipato nella propria opera l’immaginario, le fascinazioni, le tendenze del cinema internazionale contemporaneo”. Il 15 ottobre avrebbe compiuto 100 anni. Se n’è andato il 19 settembre 1985.
Nella foto: Italo Calvino in un disegno di Tullio Pericoli