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A Ferrara ‘Ossessione’ 80 anni dopo

Roma, 5 Giugno (Romano Milani) – “In sede morale la pellicola è inaccettabile per il crudo verismo con cui è narrata la biasimevole vicenda di adulterio, senza che questo risulti comunque riprovato”. Così sentenzia a pagina 76 il volume XVIII anno 1943 delle “Segnalazioni cinematografiche” del Centro Cattolico Cinematografico. Quelle che all’epoca e per alcuni decenni ancora, sono state la Bibbia per la scelta dei film da proiettare nel fiorentissimo circuito delle sale parrocchiali, molto ambito dai distributori. Ma in testa alla pagina, a rincarare la dose, campeggiava anche una lettera, in maiuscolo e in neretto, che selezionava le categorie dei potenziali spettatori. Per “Ossessione” di Luchino Visconti, il film di cui stiamo parlando, era una implacabile e inappellabile E: “Escluso per tutti”.

Il critico, però, nella stessa pagina, a differenza del giudice morale, si esprime in termini tutt’altro che negativi: “La pellicola che risente l’influenza di lavori d’oltre Alpe denota tuttavia un impegno nella ricerca minuziosa di particolari e nella creazione dell’atmosfera. Degna di rilievo l’interpretazione pur accusando talvolta alcuni squilibri”. Visconti e gli interpreti (Massimo Girotti e Clara Calamai), dunque, non si salvarono l’anima, ma
almeno la faccia. Il film fu proiettato in anteprima a Roma nella primavera del 1943, in pieno Fascismo e tra gli
sceneggiatori figurava e figura, il nome di Mario Alicata, poi deputato per il Partito Comunista Italiano, ma già militante del PCI clandestino e già noto al titolare del ‘Minculpop’, il gerarca Alessandro Pavolini che aveva già bocciato una precedente sceneggiatura di Alicata. Comunque, visto che nella storia di “Ossessione” il regime non veniva chiamato in causa, il film circolò al Nord fino a che, nel 1944, non arrivò a Milano, occupata dai tedeschi, dove però accese gli schermi solo per poche ore.

Autorità fasciste ed ecclesiastiche, incuranti del precedente beneplacito, intervennero senza mezzi termini e il film fu sequestrato e distrutto. Una copia, però, era nelle mani di Visconti che riuscì a salvarla. Almeno questo è quanto si racconta o si storicizza. Dalla prima proiezione del film sono passati dunque 80 anni. Motivo, per rivederlo e parlarne colto dal Centro Documentazione Studi e Ricerche Cinema Ferrarese, promosso dal Circolo Negozianti e dal CDS
Cultura OdV e dal Ferrara Film Festival con il contributo di Delphi International che ha organizzato appunto a Ferrara, dove il film è stato in gran parte girato, il convegno “Ossessione e il Neorealismo”. Dopo il saluto dell’Assessore alla Cultura del Comune di Ferrara Marco Gulinelli, ad aprire gli interventi è stato il critico e storico del cinema Paolo Micalizzi profondo conoscitore del film e del suo rapporto con Ferrara. Ad affrontare direttamente il tema del convegno è stato Adriano Aprà, anche lui storico del cinema, mentre Stefania Parigi, docente all’Università Roma Tre e studiosa, in particolare, del Cinema italiano e del Neorealismo, ha analizzato “Attori e attrici di Ossessione” partendo dalle parole di Luchino Visconti che affermò di voler raccontare soprattutto “storie di uomini vivi”.

Le oscillazioni del giudizio critico sul film di Visconti nel corso del tempo sono state affrontate da Alberto Boschi, insegnante di Storia del cinema al Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Ferrara mentre, in chiusura il critico cinematografico ed editore Alberto Lasagna ha sviluppato il tema “Ossessione e i Cinefili”. Coordinatore del convegno Michele Canosa, professore di Filmologia e filologia del cinema all’Università di Bologna.
La proiezione del film è stata preceduta da un’introduzione di Alberto Barbera, Direttore della Mostra del cinema di Venezia. Al Convegno hanno dato il loro Patrocinio le Associazioni nazionali dei Critici, dei Giornalisti Cinematografici e delle Ricerche di Storia del Cinema.

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