
Roma, 1 giugno (Fr. Palm.) – Daniel Auteil è un padre che non s’arrende, alla ricerca di verità e giustizia, nel film In nome di mia figlia di Vincent Garenq, storia vera che racconta la storia – e l’ossessione – di un uomo che vuole vedere a tutti i costi dietro le sbarre chi ha ucciso la sua bambina, a soli 14 anni.
L’attore presta il volto ad André Bamberski, che per 30 anni non si è dato pace per dimostrare che il patrigno della ragazzina, un dottore tedesco, Dieter Krombach (interpretato da Sebastian Koch), per cui la moglie l’ha lasciato, non solo ha drogato la figlia, ma l’ha anche violentata e ha cercato di insabbiare ogni prova, sfruttando la sua posizione. La sua battaglia è durata così a lungo perchè le autorità, sia in Germania, sia in Francia, invece di collaborare, hanno protetto l’uomo, accusato anche di aver abusato di altre minorenni.
“Il libro scritto dal protagonista mi ha molto colpito – afferma il regista – Questa non è tanto una storia di ‘malagiustizia’, quanto un ritratto di un padre e della sua lotta vissuta come una follia, come un’ossessione”.
Garenq ha incontrato Bamberski: “Dal vivo è anche più ostinato di come l’ho descritto sullo schermo – sottolinea – Il suo carattere forte gli ha permesso di andare fino in fondo alla vicenda, la sua testardaggine è diventata la sua qualità più preziosa. Se non l’avesse avuta, non ce l’avrebbe fatta”. È stato tenace ma anche riservato: ” È anche una persona molto pudica, che non esprime i suoi sentimenti – aggiunge il regista – La madre della ragazza ci ha raccontato dettagli che lui aveva taciuto, anche sul loro rapporto prima che Krombach entrasse nella loro vita”.
E come è stato lavorare con Auteil? “Sono cresciuto guardando i suoi film e l’ho adorato in Un cuore in inverno – risponde – Si è preparato molto e Bamberski ha apprezzato che l’abbia scelto, mi ha detto di amare il suo pudore”.
A portare in sala la pellicola, dal 9 giugno, è la Good Films.