
Roma, 19 gennaio – È diventato un piccolo caso Vi presento Toni Erdmann di Maren Ade, commedia tedesca che ha vinto cinque EFA, è nella shortlist del Miglior Film Straniero agli Academy Awards e ha conquistato sia Cannes, dove ha ottenuto il Premio Fipresci, sia altri festival, ottenendo recensioni molto positive dalle testate più influenti. Adesso anche il pubblico italiano potrà vederla, grazie a CINEMA di Valerio De Paolis, che la distribuirà dal 23 febbraio.
Interpretata da Peter Simonischek e Sandra Hüller, racconta il complicato ma tenero rapporto di una giovane donna, manager di successo in un’industria petrolifera, tutta orientata verso la carriera, con l’eccentrico padre, che lei tiene un po’ a distanza, che fa di tutto per farle tornare il senso dell’umorismo e la leggerezza, dal momento che capisce che non è veramente felice. La storia mostra come si può riconquistare il cuore di una figlia e ristabilire i valori più importanti della vita, senza mai smettere di far ridere.
E a ritrovare il sorriso non è solo la protagonista, dal momento che gli spettatori tedeschi si sono molto divertiti: “Anche noi tedeschi, vi assicuro, sappiamo ridere, anche se spesso lo nascondiamo – dice la regista – Questo, in realtà, è un film drammatico che si trasforma poi in commedia e il personaggio del padre usa l’umorismo come ultima carta per comunicare con sua figlia”. A chi, dunque, lo definisce divertente, replica così: “Per me la pellicola era malinconica e pesante e mi sono stupita delle risate avute a Cannes, ma sono felicissima che sia stato presentato lì in concorso e venduto in tanti paesi. Uscirà anche in America, significa che il suo messaggio è universale”.
Quanto ai modelli cinematografici, sottolinea: “Ho gusti molto vari, amo il cinema ma mi piacciono anche i libri, il teatro e la vita reale. Tra i registi preferiti c’è Cassavetes e per ispirarmi ho visto varie volte La dolce vita. Poi ho pensato anche a Man on the Moon di Milos Forman, in cui il perfomer Andy Kaufman si era inventato un alter ego irriverente”.
Il film pone l’attenzione anche su un aspetto della nostra modernità: come la carriera e l’inseguimento di un modello vincente possano compromettere seriamente la serenità delle persone. “Ho fatto lunghe ricerche su vari ambienti di lavoro – spiega Maren Ade – Ho incontrato molte donne e ho capito che una donna doveva essere al centro della storia. Ines ha grandi responsabilità, ma allo stesso tempo non si pone molte domande, molti manager credono che si debba salvare un’azienda, puntando sul profitto, piuttosto che preservare le persone e i posti di lavoro. E ne sono convinti, questo il punto, non vedono alternative”.
C’è qualche spunto autobiografico nella vicenda? La regista risponde così: “Sono partita dalla voglia di raccontare il senso di estraneità tra due membri di una stessa famiglia, che devono azzerare il loro rapporto e ricominciare insieme. Qualche riferimento personale è normale, mio padre fa battute e gag e usa anche lui i denti finti, che gli ho regalati io, tra l’altro!”.