
Roma, 10 agosto (Fr. Pierl) – Un esplicito omaggio a Duel di Steven Spielberg, ma anche scenari popolari per il pubblico televisivo grazie a una serie come Black Mirror si fondono in Monolith, il film di Ivan Silvestrini, nato da un soggetto di Roberto Recchioni (curatore di Dylan Dog) e sviluppato in parallelo all’omonima graphic novel – scritta dallo stesso Recchioni e Mauro Uzzeo e illustrata da Lorenzo “LRNZ” Ceccotti, edita da Sergio Bonelli Editore – che esce il 12 agosto con Vision Distribution in oltre 200 sale.
Il film, un mix di thriller, fantascienza, dramma e humour nero, cosceneggiato da Uzzeo, prodotto da Lock & Valentine, Sky Cinema e coprodotto da Bonelli, è stato girato nel deserto dello Utah, con interpreti americani e in inglese.
Protagonista è Sandra (Katrina Bowden), ex popstar in viaggio verso Los Angeles nel suo avveniristico suv nero insieme al figlio di due anni, David, per raggiungere il marito, che tema la tradisca. A causa di una serie di eventi a catena, la donna rimane chiusa dall’auto in mezzo al deserto e il veicolo impossibile da aprire, sotto il sole, diventa sempre più una fornace per il piccolo. Inizia quindi la lotta della mamma per cercare in ogni modo di liberare David da quella corazza d’acciaio.
L’idea della storia, ha spiegato Uzzeo parlando del film al Giffoni Film Festival, “è nata cinque anni fa, ma i produttori da cui andavamo volevano solo commedie, si aspettavano quasi venissero fuori prima o poi Bisio o De Luigi Con l’interesse prima di Lock & Valentine, poi di Bonelli e Sky al progetto è stato possibile sviluppare parallelamente fumetto e film. Abbiamo deciso di fargli prendere strade diverse, un po’ come si è fatto tra il fumetto di The Walking Dead e la serie. Il consiglio è di scoprirli entrambi”.
“Monolith – spiega Silvestrini – è una storia che indaga sul nostro rapporto con una tecnologia iperprotettiva, che si sostituisce sempre più a noi nelle nostre scelte. Come un ventre oscuro, la Monolith protegge il bambino di Sandra, da tutto e da tutti, persino da lei. Da sceneggiatore dovrei definire questo film un thriller psicologico, ma da padre non posso che trovarlo un vero e proprio horror. E in ogni fase della sua realizzazione, dalla scrittura alle riprese, non riuscivo a togliermi dalla testa la domanda: cosa farei se capitasse a me e mio figlio? Amo le storie che sanno rivelare un movimento interiore attraverso un accadimento esteriore. La situazione estrema in cui si trova la protagonista di questo film la costringe a confrontarsi con il suo lato più oscuro, con le innominabili pulsioni che ogni genitore affronta nei primi anni di vita di un bambino, e la vittoria della donna sulla macchina è possibile solo attraverso il cambiamento e l’accettazione di una nuova forma d’amore e abnegazione. Realizzare questo film è stata davvero un’impresa epica”.