
Roma, 22 marzo (Fr. Palm.) – Un Carnage di coppia, un noir coniugale, una commedia nera che mette in scena una spietata guerra sentimentale ed emotiva tra uomo e donna: Piccoli crimini coniugali dalla pagina scritta di Eric-Emmanuel Schmitt è diventato un film grazie ad Alex Infascelli, che ha portato sullo schermo il tormentato rapporto di una coppia sposata, formata da Sergio Castellitto e Margherita Buy, che si ritrovano dopo aver condiviso il set anche della serie tv di Sky In treatment.
Il film, nelle sale dal 6 aprile con Koch Media, è prodotto da Fabula Pictures, 102 Distribution e Gianluca Curti per Minerva, in collaborazione con Rai Cinema. A firmare la sceneggiatura, con il regista, Francesca Manieri.
Gli unici protagonisti, che si muovono dentro una casa, la loro casa (nella realtà, in quell’appartamento abitò Silvana Mangano, come svelano i produttori), come animali in una gabbia, sono una moglie e un marito che cercano di dialogare per far tornare la memoria a lui, che dopo un incidente domestico non ricorda più nulla della sua vita passata. La moglie cerca di risvegliare ricordi, risponde alle domande di lui sul loro matrimonio, racconta episodi vissuti. Lui l’ascolta, cerca di ricostruire, si guarda intorno tra stanze e oggetti in cerca di dettagli. Ma mentre lei parla, aggiungendo tassello dopo tassello, qualcosa sembra non tornare. Quello che lei sta dicendo è interamente vero o sta nascondendo qualcosa? E lui davvero ha perso la memoria? C’è ancora del sentimento tra loro due, che alternano vicinanza e rancori, complicità e litigi? Cosa è successo la sera in cui l’uomo ha avuto quell’incidente? Come si è procurato la ferita che ha dietro la nuca? Tante le domande che la loro storia solleva, che ruotano intorno al senso dell’amore e alla menzogna che vi abita e prende spesso il sopravvento.
“L’occasione di adattare il libro per il cinema era molto ghiotta, pochi testi raccontano la coppia in modo così teatrale – spiega Infascelli – Siamo abituati ad un cinema che va verso il naturalismo o la fantasia, ma in ogni relazione amorosa si mette in moto una rappresentazione teatrale, si indossano costumi e si interpretano personaggi che diventano nostri co-abitanti in casa. Il testo ha molto a che fare con il mio modo di vedere la coppia e quando si è parlato di fare un nuovo film, ho ripescato il titolo del romanzo, uscito nel 2003, nella memoria”.
Il regista lo ha trasposto in modo piuttosto fedele: “Ho voluto mettere i piedi nelle orme dell’autore e mantenere il senso di claustrofobia che c’era, un elemento fondamentale sia della solitudine dei personaggi, sia della coppia dentro la casa. Emerge un quadro, un senso della follia all’interno della solitudine nel proprio ambiente domestico, che ha un ruolo di risonanza più alto. Ho pensato a film come Shining, Misery non deve morire e al finale di Melancholia“.
Il regista parla poi di come ha lavorato con gli attori: “Di Margherita conosciamo il suo essere una foglia al vento, ma invece è una roccia e Sergio, che sembra un maschio alfa, in realtà è un tenero. Loro mi hanno aiutato a dirigere il film, non imponendomi scelte di regia ma facendomi capire come dirigere un attore. Sul set le gerarchie si perdono, ma con loro questi limiti, che sono anche delle molle, sono stati chiari da subito”.
La Buy è in una versione inedita, rispetto a come siamo soliti vederla. Del suo personaggio dice: “E’ molto complesso, legato ad una storia particolare. Mi piaceva che il film fosse un noir, che lei avesse velleità artistiche a cui ha rinunciato per il marito, che ama con la paura di essere abbandonata. Rappresenta tante donne, è una figura affascinante. Nel film risulta più attuale e moderna rispetto al libro, ha più personalità”.
Per Castellitto, la pellicola racconta “L’amore ai tempi del rancore e del rimpianto, del non accontentarsi dell’idea che l’amore sia finito. Vediamo due reduci dal loro stesso amore, che tornano da una guerra di cui lei non si è accorta e si ritrovano in una casa che è come un mausoleo, la tomba del loro amore. Il film è tante cose insieme, un giallo coniugale e un’indagine di una coppia, in cui noi attori non abbiamo rinunciato al gelo, ma abbiamo acconsentito al disgelo, mettendo umanità nei personaggi. L’uomo assume degli atteggiamenti più femminili e la donna assume atteggiamenti più maschili, è tutto un gioco di rimbalzi e di menzogne”.
Secondo l’attore, “Ci vuole coraggio a produrre un film così, il nostro cinema è disseminato di commedie spesso deprimenti e farne uno così, incentrato tutto sulla drammaticità delle relazioni umane, è un gesto forte. Questo è un film da spiare e non da guardare, gli spettatori sono nascosti nella casa con noi e farsi gli affari della coppia è come farsi gli affari di tutti noi”.
Infascelli aggiunge: “Quello che afferma Sergio è vero, ma io ho avuto ben presente la sensazione di avere una platea davanti, anche. Il pubblico non vede solo degli animaletti nella loro tana, c’è un’ambiguità continua tra lo spiare e il farsi guardare. Con Sergio e Margherita, ci siamo detti subito che più cercavamo di dare senso a ogni battuta, più perdevano quel senso. Il gioco di scatole cinesi e i passaggi segreti del libro si potevano riprodurre soltanto mantenendo l’ambiguità e l’assenza di colore. Mi sono innamorato dell’aspetto teatrale, in fondo in ogni relazione è come stare su un palcoscenico e la rappresentazione era il modo più puro per non ricreare una realtà in quanto tale ed evitare il naturalismo. L’intento era di essere anti Bergman”.