
Roma, 18 gennaio (Fr. Palm.) – Un road movie della memoria, con al centro la musica, simbolo di vita – nonostante tutto – e di resistenza: arriva in sala il 23 gennaio, per il Giorno della Memoria, grazie a Istituto Luce-Cinecittà, Maestro di Alexander Valenti, incentrato sullo straordinario lavoro di Francesco Lotoro, pianista e compositore che fa rivivere le note dei musicisti deportati nei campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale. Sono oltre 4.000 gli spartiti recuperati, nel corso di vent’anni, composti tra il 1933 e il 1945, rappresentando un archivio musicale unico al mondo.
Il film, una coproduzione Italia-Francia, che arriverà nelle scuole il 27 gennaio e sarà in onda su Raitre il 26 e 27, prende origine dal libro “Le Maestro” di Thomas Saintourens, seguendo le tracce degli artisti provenienti da tanti paesi, uomini e donne, che hanno reagito alla morte e alla paura con l’arma dell’arte e della musica, scrivendo partiture su qualsiasi mezzo a loro disposizione, da sacchi di iuta o pezzi di stoffa a carta igienica. Il Maestro ha viaggiato, da Barletta, dove abita, ad Auschwitz, Praga, Berlino e Gerusalemme, per incontrare i pochi sopravvissuti alla Shoah, in una corsa contro il tempo per rimediare più materiale possibile, anche andando nei mercatini delle pulci o nei musei, con l’unico scopo di non perdere quelle note rimaste nascoste per 60 anni. Tanti gli autori, ognuno con la sua storia: ebrei, zingari, prigionieri politici, soldati e ufficiali francesi, russi, polacchi, olandesi, belgi, inglesi, militari americani bianchi e neri e ovviamente anche italiani.
Lotoro racconta così la scintilla del suo importante progetto: “L’intuizione risale al 1988/89, quando mi sono dedicato ad una produzione di musicisti ebrei, nel corso di un lavoro durato 4 anni. Ma poi mi sono accorto che era un fenomeno planetario e ho allargato il range, iniziando una vera e propria ricerca, anche scientifica. Si tratta di letteratura musicale, una vastissima produzione di enorme spessore, che ha pagato troppo a lungo l’oblio”.
Il regista spiega l’incontro magico con Lotoro e la sua vicenda: “Ho fatto tanti documentari e sono sempre a caccia di storie, ma sono le storie che trovano noi – dice – Un amico mi fece leggere il libro del giornalista francese, l’ho finito in una sera e ho trovato un’esperienza favolosa. Ho preso subito l’aereo, sono volato a Barletta e con Francesco abbiamo parlato per tre giorni di questa che era una storia grandissima, non solo sua e non solo dei campi di concentramento o del passato, ma era una storia per il futuro”.
Una storia che solleva anche un interrogativo, aggiunge Valenti: “Come è possibile che in quelle condizioni terribili qualcuno può aver fatto della musica? È un enigma, che andava raccontato in un film. Ma è anche qualcosa di più, ossia un viaggio meraviglioso che mostra come si cerca la vita, dove e quando c’è la morte. La musica è la voce di chi è stato ucciso, l’ultimo atto di resistenza, come una parola di libertà di fronte al nazismo. La musica, questa musica, è come un testamento. E va suonata, se no resta imprigionata. Noi l’abbiamo liberata ed essere qui è una soddisfazione forte, l’inizio di un nuovo viaggio”.
In parallelo, è nata anche “Last Musik”, una onlus che raccoglie fondi per ampliare l’archivio di Barletta e finanziare altri viaggi di Lotoro, per scoprire ancora altre musiche. E lo stesso Lotoro, con la sua Orchestra di Musica Concentrazionaria, porta in giro le note e i ricordi nell’ambito di alcuni concerti: dopo Roma, Los Angeles, New York e Bruxelles, uno dei prossimi appuntamenti sarà a Milano, al Piccolo.