
Roma, 26 ottobre (Fr. Palm.) – “Noi filmiamo la vita”: c’è tutto il senso e tutta la poetica del cinema dei fratelli Dardenne, che del guardare il reale e il quotidiano hanno fatto la loro firma, in questa frase. I registi l’hanno pronunciata a Cannes, lo scorso maggio, quando hanno presentato La ragazza senza nome, che ora arriva nelle nostre sale grazie a Bim, dopo l’anteprima romana al Tertio Millenio Film Fest.
“Non siamo noi a scegliere cosa raccontare, sono le storie a scegliere i loro narratori – dicono Luc e Jean-Pierre – Facciamo un cinema che cerca di guardare il mondo dritto negli occhi, in passato siamo rimasti folgorati dal grande Rossellini e abbiamo capito che dovevamo seguire le sue orme”.
Il mondo che hanno guardato dritto nel loro ultimo lavoro è quello di una giovane dottoressa (Jenny è interpretata da Adele Haenel) che vive un senso di colpa e d’angoscia da quando ha rifiutato di aprire la porta del suo studio medico ad una donna che ha bussato fuori l’orario di apertura. Ma non l’ha fatto per essere visitata o per un’emergenza di salute: ha cercato aiuto mentre scappava da qualcuno, prima di morire. Da quando viene ritrovato il suo cadavere o iniziano le indagini per ricostruire quello che le è accaduto, Jenny non riesce a smettere di pensare a lei e vuole a tutti i costi sapere la sua identità, per informare i familiari e per darle un posto al cimitero. Scoprire la verità – e fare quindi pace con se stessa – diventerà quasi un’ossessione e la sua tenacia e la sua insistenza la porteranno ad avere le risposte che cerca…
Come sottolinea Luc Dardenne, “Jenny è un essere umano e può sbagliare, ma come tutti deve convivere con i suoi demoni. I silenzi del film sono la voce della sua coscienza, lei deve mettere a tacere i propri sentimenti per uno scopo più alto: la ricerca della verità”.
Giustificare il suo comportamento non si può, perchè di fatto non ha prestato soccorso ad una persona che ne aveva bisogno e che sarebbe ancora viva, se solo le avesse dato attenzione: “La nostra protagonista non ha attenuanti – afferma ancora Luc – La responsabilità dei nostri gesti è prima di tutto individuale, perché ormai tutti si credono innocenti e nessuno colpevole. Qui parliamo di una richiesta d’aiuto che non è stata accolta: una donna ha suonato alla porta e nessuno le ha aperto”.
I registi, quando hanno conosciuto Adele per caso, al festeggiamento per un premio, sono rimasti subito colpiti e l’hanno voluta con sè sul set: “Quando l’abbiamo incontrata, abbiamo capito che la nostra protagonista doveva essere lei e abbiamo ringiovanito un personaggio che avevamo in testa da anni”, raccontano. Per l’attrice, recitare per loro è stato un traguardo importate: “Per me i Dardenne rappresentano il cielo del cinema europeo – dichiara – Amo il loro coraggio e la fiducia che hanno nello spettatore”.