
Roma, 23 febbraio (Fr. Palm.) – Ritorna a casa, nel suo paese, ritrovando le sue origini e il suo passato, Ferzan Ozpetek con Rosso Istanbul, girato in patria 20 anni dopo Il bagno turco. Per il suo undicesimo film, scritto insieme a Gianni Romoli – che l’ha prodotto con Tilde Corsi – e Valia Santella, il regista è partito dal suo romanzo omonimo, pubblicato nel 2013, inserendo elementi e personaggi nuovi, per raccontare cosa accade interiormente al protagonista nel momento in cui il vissuto di ieri si unisce al presente, mescolando carte e ricordi.
Il film, in sala dal 2 marzo con 01, è interpretato unicamente da attori stranieri: Halit Ergenc, Nejat Isler, Tuba Buyukustun e Mehmet Gunsur, insieme all’amica di sempre Serra Yilmaz.
Orhan Sahin, che attualmente vive in Inghilterra, torna a Istanbul dopo 20 anni d’assenza volontaria, per aiutare, in qualità di editor, un famoso regista, Deniz Soysal, ad ultimare il suo libro. Orhan soggiorna nella sua bella casa, conoscendo i familiari e le persone più vicine al regista, che dalla carta diventano così reali. Un giorno, improvvisamente, Deniz sparisce nel nulla, senza lasciare traccia. Cosa gli è successo? Tornerà? L’ultimo ad averlo visto è proprio Orhan, che resterà ad Instanbul affrontando i fantasmi del passato da cui è cercato di scappare ed entrando sempre più dentro la vita di Deniz, anche nell’assenza. Ed è così che diventerà, da prigioniero della storia di un altro, a padrone di se stesso e delle sue emozioni.
C’è tanto, nelle immagini, della vita vera di Ozpetek: “C’è molto di me, d’altronde come in ogni mio film, ma qui al pubblico vengono svelati altri dettagli del mio passato – afferma – Ho rivisto il film 3 giorni fa e sono riaffiorati tanti ricordi, ad esempio nella scena del trasloco mi è venuto in mente quel periodo, quando in casa c’erano i mobili coperti con le lenzuola, come fossero fantasmi. Ci sono tante altre cose che mi toccano da vicino, ho passato tante estati nell’infanzia vicino al Bosforo, che mi faceva paura e che ho anche cercato di attraversare, ma senza riuscirci. E anche il personaggio della madre di Deniz assomiglia tanto alla mia, a cui ho dedicato la pellicola e che è scomparsa un mese e mezzo fa. Quando ho mandato ai miei fratelli la foto dell’attrice, che indossava una collana di perle come lei, mi hanno detto che era praticamente uguale”.
Il film non ricalca il romanzo, anzi, ci sono importanti cambiamenti, come lo sdoppiamento del protagonista: “Non amo ripetermi, ho voluto inserire aspetti nuovi – spiega il regista – Alcune emozioni sono le stesse del romanzo, che però cinematograficamente non aveva forza e quindi ho preferito mettere un personaggio in più e creare una tensione, durante tutta la storia”. Ozpetek precisa poi che “non si tratta di un racconto solo nostalgico. Volevo parlare di persone che ho paura non ci saranno più a Instanbul, perchè è una città in costante trasformazione”.
Lui l’ha lasciata tanto tempo fa, scegliendo di vivere in Italia, una decisione di cui non si pente affatto: “Avevo pensato di andare in America, ma poi ho cambiato idea e ho fatto bene – racconta – Così ho due paesi meravigliosi, ognuno con i suoi guai e le sue gioie. La Instanbul che mostrano i giornali non ha nulla a che vedere con quella vera, ogni giorno lì succede qualcosa, anche di grave ed eclatante. Il film non sottintende nessun discorso politico, vuole solo mostrare alcuni lati meno ovvi che non appaiono mai. L’atmosfera della città è mutata, ma l’umore delle persone non cambia”.
Del legame con la città, parlano anche gli attori: per Mehmet Gunsur – che si è trasferito a Roma da 17 anni e ha partecipato anche ad alcune fiction in tv – “Ferzan ha saputo cogliere bene le piccole cose e la psicologia delle persone che abitano lì. La caratteristica della città è il suo essere sempre piena di rumori, perchè tutto viene distrutto e rifatto, in continuazione”. Halit Ergenc, invece, sottolinea: “Grazie a Ferzan ho rivissuto la città che tutti noi vorremmo rivedere, divisa in due dal mare. E’ come se l’avessi vista per la prima volta con questi occhi, io che ci sono nato e cresciuto”.
Infine, Tuba Buyukustun fa notare la forza dei personaggi femminili del cinema di Ozpetek: “La donna è una creatura forte, perchè dà vita e si occupa dell’accudire e del far crescere. Non ci sono distinzioni di etnia, vale per le donne di tutto il mondo e le donne di Ferzan sono proprio donne del mondo. Ognuna di loro rappresenta quella tipologia, nel suo complesso”.