
Roma, 13 ottobre (Fr. Palm.) – È Tom Hanks la prima star a passare sul red carpet della Festa di Roma, protagonista della giornata d’inaugurazione ma non solo: l’attore, che ha ricevuto il Premio alla Carriera dalle mani di Claudia Cardinale, è al centro di una retrospettiva che propone tutti i suoi film, mentre nelle sale proprio oggi arriva Inferno di Ron Howard, girato a Firenze.
L’attore sembra a suo agio, qui, nel nostro paese, a giudicare la disponibilità e la cordialità con cui ha affrontato prima la stampa, poi il pubblico dell’Incontro Ravvicinato, al fianco del direttore artistico Antonio Monda. Sorridente, loquace e ironico, Hanks parla volentieri del suo lavoro, che gli ha regalato popolarità dal 1984, l’anno di Splash – Una sirena a Manhattan: “Cosa provo se mi guardo indietro? Secondo i filosofi, è meglio non farlo perchè c’è il rischio che il passato abbia il sopravvento, quindi lo evito – dice – Non rifletto su film fatti, significa solo che il tempo è passato e sono invecchiato, ma mi ritengo l’attore più fortunato al mondo. Più di così non posso essere”. Per lui, “L’unico metro per misurare il successo è la longevità, non quella fisica, ma artistica. Essere un professionista è questo, ogni film è un’avventura e ogni esperienza è nuova, io ho sempre imparato molto, ogni volta”.
Un buon attore sa anche dire dei “no”: “Non mi sono mai sentito di essere stupido nell’aver rifiutato un film – afferma – Prendo decisioni a istinto, per il tema o il personaggio. Ci sono stati molti film non fatti perché avevo altri impegni, ma non ci ho più ripensato. Dire di ‘sì’ è facile, molto più difficile è rinunciare. Ma se ci sono progetti che non suscitano la passione, allora è giusto rifiutare, per rispettare il mestiere”.
Diretto da tanti registi e interprete di opere di genere diverso, nel suo curriculum appaiono pochi ruoli da “cattivo”. Come mai? “Credo di poter essere credibile, ma non voglio fare il cattivo di turno classico, che digrigna i denti – risponde – Mi piacciono i film in cui l’antagonista non ricalca degli archetipi, ma ha tratti originali. Accetto di esserlo solo in questi casi”. Stesso discorso per i personaggi morali: “Più che parlare di moralità, mi piace parlare di esperienza – dichiara – Esamino la condizione umana, la vita è sequenza di eventi, o si sopravvive in mare o si affoga. Io sono quello che sono, con il mio viso e la mia voce. E non amo ripetermi, si deve ripartire sempre da zero, per il pubblico, altrimenti c’è il pericolo che manchi il mistero”.
Hanks in più occasioni si è avvicinato anche alla produzione: “C’è una bella differenza – spiega – L’attore non deve pregare per realizzare un film, nè fare telefonate, nè preoccuparsi di deludere o arrivare in ritardo. Il produttore, invece, deve fare tutto questo, quindi è chiaro quale delle due cose sia più divertente”.
Hanks racconta poi di aver conosciuto il cinema italiano quando era un ragazzino, grazie a Fellini e a 8 e mezzo. C’è un autore di oggi con cui vorrebbe collaborare? “Con chiunque abbia un’idea, non ho nomi precisi ma sono aperto a tutti – sottolinea – Con Benigni, ad esempio, insieme saremmo fortissimi”.
E ancora, inevitabile la domanda politica sulle elezioni americane: “Cosa ne penso? Ogni 4 anni assistiamo al festival degli escrementi, a un circo – dice esplicitamente – Il paese si ritrova davanti a un bivio e spesso nella nostra storia ci sono ansia e timori, reali o fittizi. Il mondo è in una fase significativa, il futuro è incerto e i problemi sembrano irrisolvibili. C’è sempre stata una versione del candidato repubblicano pronta a intervenire, ma noi non ci investiamo mai e non lo faremo neanche adesso”. Infine, l’attore racconta, con tanto di imitazione, di replicare così al giornalista italiano che chiede come mai in America sia sceso in campo Trump: “E perchè da voi c’è Berlusconi? Ecco cosa rispondo”.