
Roma, 17 maggio – Tris di italiani alla Quinzaine des réalisateurs, a Cannes: l’Italia è rappresentata da L’intrusa di Leonardo di Costanzo, A ciambra di Jonas Carpignano e Cuori puri di Roberto De Paolis.
L’intrusa, che il delegato generale della Quinzaine Edouard Waintrop definisce “uno sguardo struggente sul nostro tempo”, è un racconto ambientato nel mondo del volontariato, tra coloro che quotidianamente si trovano a contatto diretto col disagio e con quelle fasce della società troppo frettolosamente e spesso ingenerosamente etichettate come “cattive”. La storia è ambientata nella periferia napoletana all’interno di un centro di accoglienza, aperto anni prima da una donna del Nord Italia insieme al marito poi morto. Un giorno in quel luogo arriva l’intrusa del titolo, cioé la moglie di un camorrista, che per motivi misteriosi decide di andare a nascondersi proprio all’interno del centro, ma che, con la sua sola presenza, è destinata a scompaginare la già difficile quotidianità.
Come spiega il regista, “Non è un film sulla camorra, ma su chi ci convive, su chi giorno per giorno cerca di rubargli terreno, persone, consenso sociale, senza essere né giudice né poliziotto. Ma è anche una storia su quel difficile equilibrio da trovare tra paura e accoglienza tra tolleranza e fermezza. L’altro, l’estraneo al gruppo, percepito come un pericolo è, mi sembra, un tema dei tempi che viviamo”.
A ciambra di Jonas Carpignano, già passato a Cannes nel 2015, è interpretato da attori non professionisti che interpretano se stessi e sono gli attuali abitanti della Ciambra, comunità rom stanziale di Gioia Tauro in Calabria. Per Waintrop è “un film sorprendente, su una comunità di zingari”.
Cuori puri di Roberto De Paolis, invece, ha per protagonisti Agnese e Stefano, che sono molto diversi. Lei, 17 anni, vive sola con una madre dura e devota, frequenta la chiesa e sta per compiere una promessa di castità fino al matrimonio. Lui, 25 anni, è un ragazzo violento e dal passato difficile che lavora come custode in un parcheggio di macchine che confina con un grande campo rom. Quando si incontrano nasce un sentimento vero, fatto di momenti rubati e di reciproco aiuto. Il desiderio l’uno dell’altra cresce sempre di più, fino a quando Agnese, convinta di aver tradito i suoi ideali, prende una decisione estrema nella speranza di poter cancellare il peccato commesso.
“Al centro del film c’è il tema della verginità: da una parte quella del corpo, illusione infantile di purezza e di perfezione e dall’altra quella del territorio, metafora di barriere e muri che si alzano a protezione dell’identità – afferma il regista – I cuori puri del film, Stefano e Agnese, sono incapaci di tendere al mistero e al rischio della diversità. Per questo racconto profondamente calato nella realtà ho condotto una ricerca sul campo attraversando la periferia dei centri accoglienza e dei campi rom per poi entrare nelle chiese e indagare la realtà contemporanea delle comunità cristiane”.
Waintrop ne parla così: “E’ una storia d’amore tra due giovani provenienti da ambienti sociali molto differenti, uno sguardo alternativo sul nuovo cinema italiano”.