
Roma, 16 marzo – Pino Settanni, fotografo, lo abbiamo perduto il 31 agosto 2010, ma ci ha lasciato un patrimonio iconografico in cui si sommano, con la stessa efficacia e versatilità la cultura e le atrocità delle guerre, il divismo e la ricercatezza estetica, i fasti della natura e le miserie umane, le ricerche cromatiche e la fisicità dei nudi. 60.000 scatti che l’Istituto Luce ha acquisito nel proprio archivio e che sta digitalizzando e catalogando.
Di Settanni sono notissimi i ritratti – al nero e coloratissimi – a cominciare da quello di Marcello Mastroianni in spiaggia che campeggia sulla facciata della Casa del Cinema di Roma per proseguire con il Fellini delle ‘matite’, Monicelli in veste di ‘monaco rosso’ e Benigni, Troisi, Morricone, Robert Mitchum, Moravia, Monica Vitti, Lina Wertmuller, Nino Manfredi… Una galleria di cinema che si contrappone nel bianco e nero dei viaggi nel Sud d’Italia degli anni tra i ’60 e ’70, antropologie di povertà, dignità, amara bellezza. Viaggi e sguardi che torneranno a cavallo di fine millennio con i reportages affidati a Settanni dall’Esercito Italiano in zone colpite dalla guerra: Kabul, Mostar, Sarajevo, cui l’autore regala a fianco della testimonianza, il coraggio e l’utopia dell’estetica. Un altro salto porta all’elaborazione del linguaggio dei Tarocchi, una festa di invenzioni cromatiche e alla giocosa curiosità, mai banale, dei nudi.
Per ricordarlo, domenica 20 marzo, vigilia del suo compleanno, Matera, Capitale europea della Cultura per il 2019 dove lo scorso anno è stato inaugurato il Museo della Fotografia a lui intitolato, gli dedica l’esposizione ‘Maghreb – Il Marocco attraverso gli occhi di Pino Settanni’, promossa anche da Luce-Cinecittà e aperta fino al 19 giugno. Una mostra di cui il sociologo Domenico De Masi, nella presentazione, scrive tra l’altro: “Attraverso i suoi occhi, di anno in anno, Pino ci ha fatto guardare e capire con pari acume e genialità estetica il sottosviluppo del Mezzogiorno italiano e il mondo fantasmagorico del jet set, la sfolgorante arcaicità dell’Afganistan e quella più intima del Marocco”.