
Roma, 26 giugno – (l.d.c.) Il cinema ha perso anche Giuseppe Ferrara; era da tempo malato, avrebbe compiuto 84 anni a luglio. E lascia una delle filmografie più testardamente segnate dall’impegno politico, dalla ricerca della verità e dalla contestazione del potere. Il caso Moro, Cento giorni a Palermo, Giovanni Falcone, I banchieri di Dio alcuni dei titoli di una lunga serie di film sempre girati con pochi soldi perché il suo cinema non era molto amato dai produttori, e sempre attento all’impegno civile, all’inchiesta, alla militanza politica non solo di sinistra ma all’estrema sinistra. Forse proprio per quella sua ostinata coerenza è morto, com’è vissuto soprattutto negli ultimi anni, tra molte difficoltà.
Nel 2013 il cinema, anche noi del Sngci tra molte firme autorevoli, si era mobilitato perché avesse il sostegno della legge Bacchelli: era già ammalato, Beppe, e uno sfratto dall’appartamento in cui viveva, con una morosità arrivata al limite, aveva aggravato anche le sue condizioni di vita, oltreché le possibilità economiche, già mese a dura prova da una povertà che affrontava con dignità, in silenzio.
Avrebbe dovuto ritirare un premio dai giornalisti proprio per i suoi 80 anni ma la grave situazione grave in cui versava anche per le condizioni di una salute difficile non hanno mai reso possibile quell’incontro in cui avremmo voluto in qualche modo ricordare il suo cinema e l’impegno coraggioso che Ferrara non ha mai smentito. Ci siamo visti, in molti, sempre gli stessi di un piccolo club di supporter, con lui, l’ultima volta in pubblico proprio per quegli 80 anni, alla Casa del Cinema, in un pomeriggio di sole, con la torna e perfino le simboliche 80 candeline. Poi l’appello per la Bacchelli lo sfratto, il recupero della casa, la malattia, una fine che Ferrara non meritava.
Beppe Ferrara, come lo abbiamo sempre chiamato, era nato a Castelfiorentino, in provincia di Firenze, il 15 luglio del 1932. A Firenze, gli studi, la maturità clasica, poi la laurea in Lettere con una tesi sul “Nuovo cinema italiano”.Aveva frequentato il Centro sperimentale di cinematografia e girato I suoi primi corti in 16mm, Porto Canale e L’amata alla finestra, che ricevono alcuni riconoscimenti. Il diploma di regia nel 1959 e subito un progetto dedicato alla Resistenza toscana: è un documentario, Brigata partigiana, in cui racconta le azioni della “Spartaco Lavagnini” nel senese e nel grossetano mescolando immagini di finzione con materiale di repertorio, quel modo di girare che diventerà la sua poetica della denuncia, della storia, della realtà. Circa 80 i documentari tra insegnamento e saggistica girati negli anni Sessanta
Poi con la cooperativa “Cine 2000” il primo docufilm, Il sasso in bocca, fortissimo denuncia della mafia siciliana, in cui rilegge anche l’intreccio delle connivenze sulla morte di Enrico Mattei, e dalla vecchia usanza mafiosa di porre un sasso nella bocca.
Nel ’75 Faccia di spia, con Adalberto Maria Merli, il racconto degli eventi politici degli ultimi cinquant’anni, dall’assassinio di Kennedy ai colonnelli in Grecia al colpo di Stato in Cile, con un’attenzione particolare all’ingerenza della Cia nella politica di altri paesi. Nel 1977 Panagulis vive (1977) poi con Cento giorni a Palermo (1984) era tornado a parlare di mafia a proposito dell’assassinio del generale Dalla Chiesa (era Lino Ventura). Con Il caso Moro (1986) insieme a Robert Katz, coautore della sceneggiatura affronta la vicenda del rapimento di Aldo Moro, interpretato da Gian Maria Volonté premiato a Berlino, dove il film fu presentato.
A metà anni Ottanta Ferrara sognava di occuparsi di Calvi e voleva girare un film sull’attentato a Papa Giovanni Paolo ma finì per occuparsi di P2 Story, inchiesta sulla loggia massonica di Licio Gelli, Nel 1993 ha girato A ridosso dei fatti sugli ultimi anni della vita di Giovanni Falcone. Nel 1995 un film sui servizi segreti nato da un soggetto di Andrea Purgatori poi finalmente, ben 7 anni dopo, I banchieri di Dio, sulle vicende del Banco Ambrosiano e di Roberto Calvi, con Omero Antonutti, Con Guido che sfidò le Brigate rosse, la storia di Guido Rossa, ucciso dalle Brigate Rosse il 24 gennaio 1979 Non riuscì a farlo uscire per molto tempo finché nel giugno 2009 un gruppo trasversale di una cinquantina di senatori propose alla presidenza del Senato che venisse proiettato per il 9 maggio, giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo. Andò in onda il 28 giugno, di domenica. su RaiTre, quasi a mezzanotte in un inquietante silenzio generale. Ma del resto sulla sua vicenda professionale e umana d tempo era caduto il silenzio.