
Venezia, 6 settembre (Francesca Pierleoni) – Ritorna fra le strade, le assemblee, i comizi, le università e le fabbriche occupate degli anni della contestazione, Francesco Munzi per il suo documentario Assalto al cielo, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, che arriverà anche in sala distribuito da Istituto Luce – Cinecittà. Un viaggio di dieci anni in immagini d’archivio, senza voci narranti, lasciando la parola, a ragazzi, operai , escludendo politi e protagonisti mediatici, nel periodo fra il 1967 e il 1977.
‘’ Non volevo ne’ incitare a nuove rivoluzioni ne’ dare messaggi – spiega il regista, che due anni fa aveva fatto debuttare proprio alla Mostra il suo pluripremiato dramma sull’ndrangheta Anime nere -. Forse però sarebbe da riscoprire quel tipo di partecipazione politica, il desiderio di cambiare le cose che c’era in quel periodo. Non sono stati solo anni di piombo e violenza, ma anche di conquiste sociali, come il divorzio e l’aborto, sono anni ci hanno fatto progredire’’.
Il film non fiction, ci guida fra i sogni di un mondo diverso di fine anni ’60 allo shock di piazza Fontana e Piazza della Loggia, dall’emergere della lotta armata (particolarmente intensa l’intervista agli increduli genitori di Walter Alasia, militante delle Brigate rosse, ucciso nel 1976 dopo essersi barricato in casa e aver colpito a morte un carabiniere) alla confusione di ideali e prospettive di fine ‘anni ’70.
In qualche prima proiezione ‘ mi sono reso conto che il film non solo piace ai giovani, ma che molti di loro non conoscono delle cose che noi diamo per scontate, come la strage di piazza Fontana. Ho capito quindi che questo film può essere utile anche per far conoscere più approfonditamente quegli avvenimenti’’.
Per realizzarlo, insieme al montatore Giuseppe Trepiccione, abbiamo visionato ‘’decine e decine ore di materiale. Ci siamo chiesti come raccontare quel periodo deciso di ‘abbassare’ il punto di vista. Infatti nel film non ci sono politici e grandi intellettuali, che pure dominavano in quell’epoca. Volevamo ‘scendere’ fra ragazzi, operai e entrare nelle case. Abbiamo scelto un rapporto più empatico che storico rispetto al materiale, per dare la sensazione che guello che si vede, sia quasi in presa diretta’’. Munzi pensava da tanti anni a un documentario su questo tema, ed ho pensato fosse il momento giusto per realizzarlo. Ora sto scrivendo il mio prossimo film, ma è troppo presto per parlarne’’.