HomeARTICOLINastri d’Argento: Il Crime tra Avetrana e Dostoevskij

Nastri d’Argento: Il Crime tra Avetrana e Dostoevskij

Napoli, 31 Maggio- Ha battuto quattro titoli molto seguiti tra le serie ‘Crime’ Avetrana – Qui non è Hollywood (Disney+), prodotta da Groenlandia, diretta da Pippo Mezzapesa, che ne ha scritto anche la sceneggiatura, e interpretata tra gli altri da una straordinaria Vanessa Scalera nel ruolo di Cosima, la zia, moglie di Michele Misseri. Un successo festeggiato a Napoli insieme al regista, agli sceneggiatori Antonella W. Gaeta e Davide Serino, al produttore Matteo Rovere (Groenlandia) e, in rappresentanza di Disney+, Daniel Frigo, Country Manager, The Walt Disney Company Italia e Alessandro Saba, Head of Local Production The Walt Disney Company Italia.

E’ la storia, come tutti sanno, di un clamoroso caso che continua a scuotere il pubblico, ma come il buon cinema sa fare regista e autori della sceneggiatura ne hanno tratto un racconto che qualcuno ha addirittura citato come ‘materia poetica’ o comunque narrativa, capace di far riflettere a lungo sulla qualità della natura umana in un mondo che quotidianamente ci mostra nella cronaca orrori e violenza contro la donne anche all’interno delle famiglie.
Senza lasciarsi andare, com’era molto più facile, alla scelta di un racconto in bilico solo tra accusa e difesa Avetrana. Qui non è Hollywood affronta il delitto di Sarah Scazzi senza mai scivolare nella retorica ma anche senza prendere le distanze dal mondo in cui tutto si è consumato, portando sullo schermo piuttosto la tragedia di una vicenda a dir poco sconvolgente sulla quale la scelta è di sospendere il giudizio entrando piuttosto nella psicologia di un teatrino di personaggi che nascondono con ostinata naturalezza la loro verità. Mezzapesa sceglie da subito di sospendere ogni giudizio limitandosi a mettere in scena la storia di una tragedia di cui un intero paese è stato il primo spettatore. Ed è forse è anche il corpo delle donne ad essere protagonista oltre la storia dell’orribile omicidio perpetrato in famiglia a raccontarci questa storia ancora intrisa di segreti dal punto di vista dei diversi personaggi che Mezzapesa ha messo in scena: lo è il corpo di Sarah, ma anche quella di zia Cosima, una grandissima Vanessa Scalera che ha trovato la chiave per entrare nel suo personaggio, come le migliori attrici hollywoodiane spesso scelgono di fare, non solo con l’aiuto della prostetica, ma in un’aderenza al personaggio che lascia a bocca aperta. E se Vanessa è una grande Cosima Misseri, stupisce l’esordiente Giulia Perulli fa partire l’ottimo lavoro di interpretazione direttamente dal corpo, ingrassando più di venti chili per dare vita alla sua versione, assolutamente convincente, di Sabrina Misseri

Ma non sono i venti chili in più o la bellezza della povera vittima di questa orribile storia a costruire la tragedia, piuttosto il contesto intimo in cui l’omicidio si è consumato in un mondo di frustrazione e di invidie che racconta il clima avvelenato in cui tutto è davvero accaduto senza indagare oltre, scegliendo piuttosto la
narrazione dell’umanità protagonista di questa vicenda senza scivolare nel legal crime che resta in secondo piano, nell’ombra e non sotto i riflettori. Un lavoro e un cast corale nel quale sono entrati tra gli altri anche Paolo De Vita, nel ruolo di Michele Misseri e Anna Ferzetti che interpreta la prima giornalista che ha seguito la storia di Sarah Scazzi, in un caso che ha suscitato un caso guardato dall’opinione pubblica non come una drammatica cronaca ma un tragico reality.
Avetrana – Qui non è Hollywood protagonista anche del caso nato sul tentativo di non poter usare nel titolo il nome del luogo teatro della vicenda di Sarah Scazzi parla di donne e di uomini ma molto anche del ruolo dei media spesso responsabili di animare un circo che alimenta non solo attenzione morbosa e quel fenomeno di voyeurismo al quale ormai si assiste dietro ogni storia nera, come fosse il racconto di una tragedia finita sotto troppi riflettori.
Da Avetrana al mondo di Fabio e Damiano D’Innocenzo a Filippo Timi è andato il premio come migliore attore protagonista per il loro Dostoevskij che ha avuto nella stessa sezione ‘Crime’ un premio speciale per il rapporto che i due registi hanno avuto per la prima volta con la serialità, un debutto in un formato per loro inedito nel quale hanno portato per la prima volta la sigla della loro autorialità cinematografica.

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