
Dopo Il venditore di medicine, Antonio Morabito torna sugli schermi ad aprile con un documentario che Istituto Luce ha ‘riscoperto’ e voluto riproporre alle sale, in una versione nuova e rimontata rispetto a un lavoro di tre anni fa.
Che cos’è un Manrico racconta una settimana d’estate a Roma, calda, assolata, turistica, di Manrico, un trentenne distrofico che può muovere solo la testa e i pollici, e Stefano, l’operatore che assiste Manrico. Non è un film sulla distrofia o la disabilità, ma una commedia, un dramma, un road-movie surreale e realissimo, con protagonista un distrofico.
Il viaggio dei due amici nella città si snoda tra strade piene di buche, gelaterie, ascensori complicati, partite di hockey, canzoni, fantasie e ricordi sessuali, traffico, sole, nonne irrefrenabili, social networks, battute a raffica, confessioni fondamentali o eventuali. Come due metropolitani Don Chisciotte e Sancho Panza, Manrico e il suo scudiero ci mostrano le cose di tutti i giorni come delle inaspettate avventure. Con una crudezza armata di candore e sorriso, ci mostrano il quotidiano come non lo vediamo.
“Nell’arco di questi mesi ho visto quanto Manrico sia fatto della stessa materia di cui sono fatto io – dice Morabito – Per ogni elemento di diversità dovuto alla malattia, ce ne sono mille di affini dovuti all’esistenza. Da tempo Manrico mi propone di fare un film basato sulla sua vita; ho pensato che un buon modo fosse quello di mostrare direttamente lui, senza facili pietismi o generiche accuse al sistema, ma limitandosi a far vedere semplicemente quella che per lui è la normalità. È quindi la quotidianità che voglio mostrare in questo documentario; la normalità di una persona diversa ma uguale”.